L’eccidio di Piazza Grande
Il 5 aprile del 1920 a San Matteo di Decima di Persiceto, nel bolognese, nel corso di un comizio promosso dalla Camera del lavoro anarchica per discutere la proposta di un nuovo patto colonico, i carabinieri presenti, dopo aver tentato di interrompere la manifestazione, aprono il fuoco uccidendo l’ oratore Sigismondo Campagnoli e altri sette lavoratori.
Le proteste per l’eccidio di Decima sono diffuse, a Modena le Camere del lavoro proclamano uno sciopero generale per il 7 aprile.
La mattina alle 11 si svolge una manifestazione in largo Garibaldi, poi i lavoratori vengono riconvocati per un’ altro comizio nel pomeriggio, da tenersi nel piazzale davanti alla Camera del lavoro unitaria. La forte partecipazione di lavoratori ( il Domani parla di 15.000 persone) convince i dirigenti camerali a spostare la manifestazione in Piazza Grande.
Mentre i lavoratori attendono che inizi la manifestazione, i dirigenti camerali si recano in Municipio per chiedere l’ autorizzazione a parlare dal balcone. Nel frattempo i carabinieri presenti nella piazza cercano di sequestrare la bandiera della Lega proletaria, che reca la scritta “giù le armi” poi, improvvisamente e senza alcuna ragione, aprono il fuoco sui manifestanti.
Rimangono uccisi:
– Evaristo Rastelli, un venditore ambulante,
-Antonio Amici,
– Linda Levoni,
– Ferdinando Gatti, agricoltore
– Stella Zanetti.
Altri 15 lavoratori sono feriti in modo grave e devono essere ricoverati in ospedale.
A seguito dell’ eccidio le Camere del lavoro proseguono nello sciopero generale, che si conclude dopo quattro giorni, in occasione del funerale delle vittime; ma la conseguenza più diretta è la decisione degli anarchici modenesi, di concerto con la federazione giovanile socialista, di armarsi per difendere le manifestazioni operaie.Per tale ragione organizzano, nella notte tra il 15 e il 16 maggio,il furto di alcune mitragliatrici da una caserma di Modena.
Le indagini consentono l’ individuazione dei responsabili, e vengono arrestati 28 dirigenti della Camera del lavoro sindacalista, della Federazione comunista anarchica e della Federazione giovanile socialista, parte dei quali sono poi condannati a pene detentive tra i due e i quattro anni.